L’ex arcivescovo, già scomunicato per scisma nel 2024, si scaglia contro il defunto Pontefice, accusandolo di «usurpazione» del soglio di Pietro e di aver «distrutto la Chiesa cattolica»
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Nel giorno in cui il mondo si raccoglie per dire addio a Papa Francesco, c'è chi sceglie di rompere il silenzio del lutto con parole durissime. Carlo Maria Viganò, l’ex arcivescovo scomunicato nel 2024 per scisma, ha affidato a X (il social un tempo noto come Twitter) un attacco violentissimo contro Jorge Mario Bergoglio, accusandolo di aver «usurpato» il soglio pontificio e di dover ora «rispondere dei crimini» davanti al Giudizio divino.
«Esiste per tutti un Giudizio particolare, a cui anche Bergoglio non ha potuto sottrarsi», ha scritto Viganò, «la sua anima dovrà rendere conto dei crimini di cui si è macchiato, primo fra tutti l'aver usurpato il soglio di Pietro per distruggere la Chiesa cattolica e perdere tante anime».
Non è la prima volta che Viganò, da tempo apertamente ostile al pontificato di Francesco, si esprime in questi toni. Ma la scelta di intervenire proprio nel giorno della morte del Papa ha suscitato sconcerto anche in ambienti conservatori, dove pur non mancavano critiche al magistero bergogliano. Il messaggio, tutt'altro che conciliante, continua nel riproporre accuse e teorie già espresse negli ultimi anni da Viganò: dal presunto «tradimento» del Concilio Vaticano II, considerato una «metastasi» da cui sarebbe nato il «cancro» della Chiesa contemporanea, alla denuncia della «chiesa sinodale» come strumento di sovversione.
Nel suo lungo intervento, l’ex nunzio apostolico ricorda anche un episodio del 2018: un’intervista concessa da Papa Francesco a Eugenio Scalfari, nella quale il fondatore di Repubblica avrebbe riportato le presunte parole del Papa sull'aldilà. Secondo quanto riferito da Scalfari, Francesco avrebbe negato l'esistenza dell'inferno, parlando della «scomparsa delle anime peccatrici» piuttosto che della loro dannazione eterna. «Questi farneticamenti ereticali», attacca Viganò, «si oppongono direttamente alla Fede cattolica».
Secondo l’ex arcivescovo, la «rivoluzione» avviata da Papa Francesco non si fermerà con la sua morte. Viganò punta il dito anche contro i cardinali nominati da Bergoglio – definiti «eversori» – e contro i vescovi conservatori che, a suo dire, avrebbero mancato di coraggio nel mettere in discussione la legittimità del suo pontificato. «È su costoro che grava la maggiore responsabilità per gli esiti del prossimo conclave», conclude.
Parole che, al di là dei contenuti, appaiono destinate ad alimentare divisioni proprio mentre la Chiesa si prepara ad affrontare una delle fasi più delicate della sua storia recente. Il futuro del papato, il bilancio di un pontificato che ha profondamente segnato il volto del cattolicesimo globale, il peso delle riforme introdotte da Francesco: sono temi su cui l’intero mondo cattolico è chiamato a interrogarsi con rispetto, serietà e senso della storia.
Non sembra essere questa la strada scelta da Carlo Maria Viganò, il cui messaggio, privo di ogni misericordia anche nel momento estremo, si configura come l’ennesimo strappo, incapace di offrire una riflessione costruttiva e utile alla comunità dei credenti.
La morte di un Papa dovrebbe essere occasione di preghiera e di unità. Non di vendette e invettive.